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Belzec - Processi

Ultimo aggiornamento 16 Giugno 2006





Queste ex SS, che prestarono servizio a Belzec, vennero portate a giudizio nel processo di Monaco di Baviera nell’ Agosto 1963 e accusate dell’assassinio di Ebrei nel campo di sterminio di Belzec.

Nome---Risultato---Ruolo nel T4

Dubois, Werner Assolto Autista/meccanico
Fuchs, Erich Assolto Autista/meccanico
Girtzig, Hans Assolto Gestore dello spaccio
Gley, Heinrich Assolto Autista
Jührs, Robert Assolto Infermiere
Oberhauser, Josef 4 anni e mezzo di carcere Bruciatore
Schluch, Karl Assolto Infermiere
Unverhau, Heinrich Assolto Aiutante alle camere a gas
Zierke, Ernst Assolto Autista

I crimini di genocidio commessi nei campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka iniziarono ad essere dipanati soltanto durante i processi sull’eutanasia del 1948.
Heinrich Unverhau, che fu incaricato del deposito di locomotive di Belzec (rimozione delle stelle gialle dai vestiti delle vittime, dopo la loro gassazione) fu il primo ad essere arrestato e accusato in relazione all’uccisione di pazienti nel centro di eutanasia di Grafeneck. Fu durante il corso del processo che iniziarono ad emergere notizie a proposito dei campi di sterminio dell’Aktion Reinhard.
Unverhau, dopo una lunga udienza sulle accuse di eutanasia, venne assolto da ogni imputazione e rilasciato. Le sue relazioni con i campi di sterminio sono state ritenute inammissibili e furono ignorate dalla corte.

Anche allora, gli ingranaggi della giustizia erano lenti nel funzionare. Fu solo nel 1959 che il governo della Germania Ovest sollecitò una indagine ad ampio spettro sui campi di sterminio dell’ Aktion Reinhard.
Belzec fu il primo ad essere identificato come uno dei principali centri di uccisioni nell’Est. Alla conclusione delle inchieste e in rapida successione, gli "8 di Belzec" furono arrestati e interrogati.
Nell’ Agosto 1963 vennero chiamati a giudizio dalla corte di assise di Monaco di Baviera, e incriminati di parecchi capi d’accusa pertinenti con l’assassinio di numerose centinaia di migliaia di Ebrei a Belzec.

Sebbene gli imputati avessero fatto delle ammissioni, la dichiarazione della difesa fu un miscuglio di bugie difensive, auto proscioglimento dalle accuse di uccisioni e, non senza alcune fondamenta, gli imputati dichiararono che essi erano nel timore per le loro vite e per quelle dei propri familiari, se non avessero eseguito gli ordini impartiti dai comandanti del campo Wirth e Hering.
Gli accusati tentarono di diminuire il loro coinvolgimento nel genocidio, sostenendo che le "azioni di distruzione" non avrebbero potuto essere eseguite senza l’assistenza degli Ebrei. Sostennero davanti alla corte che gli Ebrei eseguirono l’intera operazione: rimozione delle vittime dai trasporti, taglio dei capelli delle donne, rimozione dei cadaveri dalle camere a gas, estrazione dei denti d’oro e sepoltura dei corpi nelle fosse, che essi avevano in precedenza preparato. Fortunatamente su questo punto la corte non fu persuasa.

Per condannare questi uomini per i crimini di Belzec, ci doveva essere una prova diretta che li identificasse come i responsabili del processo di sterminio. Mentre c’erano prove circostanziate o ammissioni imprecise degli accusati, il requisito principale, per esempio testimoni di eventi coinvolgenti i singoli imputati, era assente.
L’accusa rintracciò gli Ebrei che fuggirono da Belzec nel 1942, ma solo due, Roman Robak (alias Rudolf Reder) e Sara Ritterbrand fecero dichiarazioni scritte. Quando il processo cominciò, Ritterbrand era troppo malata per presenziare e fornire testimonianze. Robak, che arrivò da Toronto, Canada, non fu in grado di identificare in modo chiaro nessuno degli accusati.
Per rigettare la difesa generale utilizzata collettivamente dagli imputati, il procedimento fece affidamento ad un principio: che gli imputati erano colpevoli di partecipazione collettiva, anche se non avevano agito come istigatori. In linea di principio, è solamente responsabile colui che comanda e dà ordini (Wirth, Hering). Colui che esegue questi ordini deve anche condividere la responsabilità se conosce che il compito di sua esecuzione è illegale. La giuria non era d’accordo.
Il 30 Gennaio 1964 il processo finì e tutti gli imputati, ad eccezione di Oberhauser, vennero assolti. La linea di difesa del “comportamento per pericolo di vita” fu accettata dalla corte.
Immediatamente dopo aver lasciato il tribunale come uomini liberi, Zierke, Dubois, Fuchs, Jührs e Unverhau furono arrestati di nuovo e tenuti in custodia per imputazioni simili relative a Sobibor. Il procedimento contro Oberhauser venne aggiornato, e fu istituito un nuovo processo.

Nel Gennaio 1965, Oberhauser apparve ancora di fronte la corte d’assise di Monaco di Baviera, ma questa volta il procedimento legale era meglio preparato.
Immediatamente, Oberhauser rivendicò alla corte di essere già stato condannato ad un periodo di reclusione, per i crimini di Belzec, dalla corte di Magdeburgo (Germania Est) nel 1948, dove un tribunale militare sovietico lo condannò a quindici anni di reclusione.
Quando la corte di Monaco giudicò il reclamo di Oberhauser, fu stabilito che era stato processato e condannato per crimini connessi con l’eutanasia, e non per quelli commessi a Belzec, in quanto non erano conosciuti al tempo. Il processo continuò.

Fornirono prove contro di lui i co-imputati del precedente processo di Belzec. Testimoni del processo furono il 73enne Wilhelm Pfannenstiel (ex SS-Standartenführer, consulente per l’igiene e chimico, che visitò Belzec con Kurt Gerstein nell’ Aprile 1942) e Roman Robak (Reder), di 84 anni. Nessuno dei due testimoni fu in grado di identificare Oberhauser. Pfannenstiel descrisse la sua visita a Belzec nell’ Agosto 1942 e dichiarò che fu la peggior esperienza della sua vita. Confermò di aver visto gli Ebrei far funzionare i motori per il gas, un punto ripreso nei discorsi di chiusura del procedimento penale:
"I fatti appresi in questo procedimento mostrano la dimensione della catena di montaggio delle uccisioni. È una presa in giro, quella secondo cui gli Ebrei furono costretti a partecipare all’uccisione dei loro fratelli, mentre persone come gli accusati se la cavarono facendo le persone oneste."

Nella sua difesa, Oberhauser rifiutò di commentare qualsiasi questione relativa alle dichiarazioni dell’accusa, ma affermazioni da lui fatte precedentemente ai funzionari investigativi furono lette alla corte. Fra le risposte difensive alle domande del funzionario, Oberhauser rilevò due punti notevoli:
"Ciò che Wirth ordinava, io dovevo eseguire. A lui non avrebbe importato sparare persino ad una SS, se si fosse rifiutata di eseguire un ordine. Riguardo la gassazione degli Ebrei anziani, potrei capirlo; ogni altra cosa in più, era troppo per me. Pensavo che ci dovesse essere qualche altro modo per liberarsi degli Ebrei," un sentimento condiviso da Zierke e Fuchs.

A causa dello stretto legame di Oberhauser con Wirth, e dell’arrogante freddezza dimostrata a Belzec, i suoi colleghi colsero l’opportunità per screditarlo davanti alla corte. Lo implicarono nella costruzione del campo e nell’intera procedura di gassazione. L’ex SS-Scharführer Karl Schluch:

""Se Oberhauser sostiene di non aver partecipato nello sterminio di Ebrei a Belzec, o che non ha visto l’intera operazione dall’inizio alla fine - dallo scarico alla rimozione dei corpi -, allora dico, 'provalo un’altra volta!' Oberhauser non solo conosceva bene l’intero funzionamento dell’operazione di sterminio, ma anche vi prese parte. Secondo la mia opinione, non c’è dubbio che Oberhauser era una figura autorevole nell’uccisione di Ebrei nel campo di Belzec. Il campo funzionava per una sola ragione, e grazie a ciò che Oberhauser fece, venne promosso con merito."

Un punto che emerse prepotentemente durante il processo e venne confermato da tutti gli imputati a vantaggio di Oberhauser, fu che la legge e la disciplina di Wirth era spaventosa e senza alcuna possibilità di contestazione.
Il procedimento fu in grado di indebolire la strategia di difesa di Oberhauser, cioè di essere stato coinvolto solo marginalmente negli eventi di Belzec. Fu ritenuto colpevole e condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione.
Dopo aver scontato solo metà della sua pena, venne rilasciato e ritornò a Monaco di Baviera dove lavorò in una birreria. Morì nel 1979.

Per i crimini di Belzec, l’assassinio di più di 600.000 Ebrei, Oberhauser fu l’unico condannato.

Fonti:

Robin O'Neil. Extracts from Belzec - The Forgotten Camp

© ARC 2006